Una mostra in bianco e nero.
Broodthaers scrive nella pioggia
mentre girano le trottole bianche e nere di Rios
On the edge, 2005
e Beuys condivide la gabbia americana con un coyote;
Coyote ‘I like America and America likes me’, 1974
Zeno Cosini e Kentridge attraversano pagine, stanze e battaglie della prima Guerra
Zeno writing, 2001/2002
e intanto il proiettore di Wolfson fa il grande dittatore.
Chaplin piece, 2005
Il colore se lo prende tutto Thomson con The America desert (for Chuck Jones) che mostra i fondali technicolor di Wile E.Coyote, ma li lascia senza suoni e azioni.
Ma soprattutto ho amato una brevissima sequenza di Hatsu Yume – First Dream di Bill Viola con gli ultimi sussulti di due calamari, lucide gelatine madreperlate, e il sonoro soffocato delle macchine. Certo, quando si riusciva a sentire.
Passiamo perciò alla vera sofferenza, cioè il RUMORE che era esclusivo appannaggio di Adrian Paci con Turn On, 2004, già abbondantemente sopportato a Venezia, e ai lanci di pietra-fucile di Durham, che faceva un po’ da metronomo. Pura invadenza sonora. Ci può stare, ma perché farli convivere con altre opere dalla delicata colonna sonora, come quella di Kentridge o Viola?
Rumore: un buco nel silenzio
Spazio Oberdan –Milano
28/2-25/5 2008-03-11 chiuso lunedì
Ingresso libero il primo martedì del mese (notate la coincidenza?)
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