Ritorniamo (ma ci siamo già stati?) sui 6 gradi si separazione.
Ecco Babel, tre continenti, tre storie che si intrecciano visivamente solo in un punto, con due foto e una telefonata. Un punto stretto ma uno solo, secondo il principio per cui un battito d’ali a Tokyo porta a un espulsione di clandestini in Messico.
Il montaggio sopraffino cuce le storie all’indietro e le riallinea senza fusi orari.
Immagini di polvere e luci artificiali che ricordo per voi, ma non ho trovato: schermo nero e piccoli cerchi bianchi, rossi, blu posati sulla diagonale; nuvole gialle sui soffitti di Tokyo ville lumière.
Peccato perdere la babelicità esplicitata nel titolo e occultata parzialmente dalla traduzione dell’inglese in italiano. Bocciata senza appello la resa dello spanglish in chioggiotto. Tutti in sala ridevano. Se si sottotitolano due terzi della pellicola si può anche compiere il passo definitivo. Distributori codardi!
Babel, USA 2006, regia di Alejandro González Iñárritu
Recensione di Emanuela Martini su FilmTV
L'opinione di quel geniaccio di ohdaesu
17 agosto 2007
Babel
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